ParaFARMACIA
Aurora Multisala Petrarca
Studio Medico PoliSpecialistico Mazzini Agenzia Abitare
| Home | Chi siamo | Artisti | Inserimento | Newsletter | Expo | Associazioni | Links | Contatti | Agreements | Eventi |
GATTI ANDREA www.agatti.com ANDREA GATTI
Baslica di Superga
Portraits
Castello di Rivoli
Curriculum
Andrea Gatti nasce, vive e lavora a Torino. Il suo percorso formativo si divide tra gli ambiti tecnico e creativo.
Nel 1989 si diploma perito elettrotecnico presso l'istituto E. Agnelli di Torino.
Nel 1995 si diploma illustratore presso l'Istituto Europeo di Design di Torino.
Lavora come illustratore free-lance e nel contempo si impiega in un'azienda di servizi informatici.
Negli anni la sua produzione passa progressivamente da tradizionale (matita, matite colorate, acquerelli, acrilici e tecniche miste) a digitale (vettoriale e bitmap).
Dal 2005 lavora solo più in digitale
Recensioni, critiche, commenti e interpretazioni
DEEP BLUE TURIN - Torino sommersa. Nel senso di coperta d’acqua. All’inizio era solo un’idea. Poi è diventato un progetto. Adesso si tratta di un’ossessione. Il lavoro di Andrea Gatti sta prendendo la forma di una mappatura tragica, di una guida topografica e turistica dell’inquietudine. Ciò che era nato come un gioco si sta trasformando nella messa in rappresentazione di una vera e propria collezione di cartoline torinesi del dopo diluvio. Après le déluge...Torino come Atlantide. Ma questa volta quel mondo fantastico coperto dalle acque blu noi lo conosciamo bene anche se a volte lo pensiamo come un continente perduto. Riconosciamo di esso ogni scorcio, ogni veduta, ogni particolare di ogni singolo monumento come conosciamo di noi stessi le singole rughe che solcano il nostro volto. È questo che inquieta del lavoro di Andrea? È che siamo troppo coinvolti perchè quello che Andrea ci fa vedere attraverso un oblò di un moderno Nautilus lo abbiamo visto mille volte e mille volte ancora vedremo? Oppure è il timore di essere in prima fila ad osservare un futuro che poi così fantastico, così improbabile potrebbe non esserlo? I cambiamenti climatici, la natura che si rivolta...Oppure, ancora, è che capiamo benissimo che Andrea con il suo tour nella Torino sommersa ci sta parlando di una città che, a dispetto delle migliori intenzioni, si sta inabissando, sta annegando? Si rimane turbati e alla stesso tempo affascinati a guardare queste immagini anche per la metodicità con la quale viene catalogata questa Torino subacquea. Si tratta di immagini talmente stranianti che anche quelle che potrebbero essere considerate imperfezioni tecniche si giustificano con lo sfalsamento della prospettiva nel gioco tra acqua e luce. Queste immagini mi ricordano subito il lavoro di grandi illustratori popolari che hanno lavorato sull’idea del sommerso e del quasi emerso. La prima immagine è una bellissima illustrazione di Carlo Jacono, il grande copertinista dei Gialli Mondadori, che realizza negli anni Ottanta del secolo scorso, sulle pagine della Domenica del Corriere una bellissima veduta subacquea del Titanic ormai affondato. La seconda accomuna Andrea Gatti al più importante illustratore del fantastico operante in Italia: Karel Thole. La sua copertina per il romanzo After the Rain di John Bowen per la collana mondadoriana Urania, nel 1978, raffigura una città quasi del tutto coperta dall’acqua dove emergono solo guglie di chiese e di campanili. Andrea dedica la stessa atmosfera di calma desolante e tragica alla Basica di Superga, posta così in alto che il diluvio non ha potuto coprirla del tutto. Anche Oliviero Berni negli anni Ottanta raffigurerà una città semi sommersa in una sua opera senza titolo ma di grande effetto visivo. Si tratta di suggestioni di grandi illustratori che testimoniano che Andrea Gatti guarda non solo sott’acqua ma anche artisticamente lontano. Concludendo, non saprei dire se è più inquietante la raffigurazione della città sommersa dove l’assenza di noi torinesi, divenuti ormai frenetici e chiassosi al pari degli abitanti di altre città, quasi quasi si fa apprezzare oppure la visione emersa del relitto della nostra identità perduta come nel caso di Superga. Thole, maestro dell’inquietudine, molte volte ha giocato con le affioranti rovine di monumenti e palazzi, simbolo di civiltà perdute. Ciò che emerge forse è più spaventoso di ciò che sta oramai sui fondali perchè esso ci appare come un mostro affiorante. Sotto, nel profondo blu, sta Torino e aspetta di essere riscoperta. Per ora ci bastano queste, nonostante tutto, delicate opere di Andrea Gatti che testimoniano l’amore per l’arte dell’illustrazione e per una città capace di sprofondare ma anche di rialzarsi e riemergere. Grazie Andrea per avercelo ricordato coprendo di blu marino il nostro quotidiano grigio panorama. Non c’è nulla di più vero della finzione. (Erik Balzaretti, Direttore Scuola di Arti Visive IED Torino)
Non si dovrebbe mai iniziare con una notazione personale. Lo so. Eppure vi sono costretto, perché è stato questo aneddoto che mi ha permesso di entrare in contatto con un universo altrimenti sconosciuto. Mi trovavo in un locale torinese, un locale di quelli che fanno tendenza pur nell'immutabilità della loro presenza. Ai muri alcuni quadri. Predomina l'azzurro. Lo avverto, ma non ci faccio caso. Devo ammetterlo, non guardo mai ciò che compare sui muri dei locali. Mi infastidisce il connubio formato dal locale di più o meno giustificata tendenza (che cosa vorrà dire, poi? Bah!) e futuri talenti artistici torinesi. Soprattutto in una città in cui ormai chiunque, nelle zone franche dei locali di tendenza (non solo sulle pareti, ma anche fuori, nello spazio antistante, tra un mojito pestato fino a sublimazione della tritatura ghiacciata e una sigaretta fumata con fare indolente), è un creativo, giovane artista, videomaker di belle speranze, stimato dj o vulcanico copy che sia. In una contemporaneità in cui l'impiegato va a dormire presto perché la notte non gli compete e l'operaio è attitudine da rifuggire, quasi per rimostranza non guardo le opere esposte.
Non mi va. Mi annoiano. Preferisco accanirmi sul boccale di birra. Eppure quella sera c'era qualcosa che non tornava. In nessun modo. Bevevo e mi sentivo osservato. Contemporaneamente mi sentivo rinfrescato, ben al di là di ciò che stavo bevendo. Sensazione strana. Perturbante. Alzo lo sguardo e l'incongruità della sensazione diventa maggiore. Inspiegabilmente. Che il mio fastidio nei confronti delle opere esposte abbia raggiunto vertici patologici? Mi alzo in piedi e l'azzurro mi avviluppa. Refrigerio e disagio. Li sento insieme e non so ancora perché. La Galleria Subalpina? Ma sembra il Titanic dopo essere diventato un disaster movie. 'L Caval'd Brôns? Ma quando festeggiavo gli scudetti della Juve non mi sembrava di avere la muta da palombaro. Superga? Ma la "dentera" non ha mai avuto le sembianze del Nautilus. Un'onda anomala sulla Mole? Che c'entri Greenaway? Una razza passa a fianco della Statua della Libertà? Una recrudescenza dell'11 settembre. Mi guardo in giro attonito, cerco tutte le opere esposte con sguardo maniacale. Le voglio. Forse perché più mi sento refrigerato e più mostro di essere travagliato. Mi accosto ad ogni parete come una mosca sfugge gli affanni estivi. Una luce si fa strada tra la compressione dovuta ad un'inaspettata immersione. È la mia città. Ma contemporaneamente non è. Leggo la firma in basso, tra l'azzurro sempre più opaco di un'acqua soffocante. È lui? È lui. Lo conosco come amico di amici. Ma è lui. Mi siedo ostentando serenità, osservato dalla mia compagna. "Defamiliarizzazione", le dico. "Defamiliarizzazione", fa lei, ticchettando ritmicamente sul tavolo. "È quando vedi una cosa che conosci bene sotto un altro aspetto". "Appunto". Appunto. È questo l'elemento che colpisce maggiormente di Andrea Gatti e che dona alle sue opere un fascino inspiegabile con le consuete tassonomie critiche, alle quali, non essendo dell'ambito, non faccio certamente riferimento: l'illusione di un ancoraggio ad una realtà che si pensa di conoscere e che invece mostra un aspetto inconsueto, spiazzante, straniante. Jacques Cousteau e Bertolt Brecht fotografati insieme per una versione hard del "National Geographic": l'arte è un pretesto per un gran pavese di sensazioni che sollecitano la frustrazione delle proprie domestiche certezze. Rinfrescante sgomento, muovendosi in un mondo sommerso. "Sunk World" è l'immediato titolo di questo ossimorico universo che funziona come un elastico di opposte percezioni. Non rappresenta tutta la creazione artistica di Andrea Gatti, ma è sicuramente la collezione più riconoscibile, così come un solo ben distinto accordo, tempo fa, evocava la chitarra di Mike Oldfield, o un composito movimento di macchina sull'opulenza di donne in perfetta salute distingueva l'inquadratura di Federico Fellini. Ma non è certo un mondo in salute quello sommerso con atteggiamento anche sadico – mi sia concesso – da Gatti, non è certo una Torino scintillante di olimpica sobrietà sabauda. È una Torino in via di estrema consunzione, in monumentale decomposizione, disposta ad una vita parallela, fuori dai consueti canoni, in cui le evidenze sono capovolte.
Un universo nel quale, per l'appunto, si attua uno spiazzante ribaltamento a causa (in virtù?) del quale l'abituale centro della rappresentazione diventa sfondo, palcoscenico d'ambientazione, centro perfettamente identificato e dislocato al contempo, mentre la composizione si allaga di un'idrofilia malata, patologica, ineluttabile. Come se una cartolina degli anni Settanta fosse stata recuperata dopo un'alluvione. La reale protagonista, l'acqua. Non simbolo salvifico, rigenerante, palingenetico, ma emblema di una contraddizione insanabile in atto: ristoro e annichilimento, illusione e avvilimento, ascesa e caduta. Viluppo inestricabile di poli opposti che si attraggono inesorabilmente. Un mondo guardato da una prospettiva sconosciuta che vira fatalmente nell'incubo. Forse l'unico segreto è il farsi cullare nutrendo la segreta speranza di non svegliarsi in un bagno di sudore. (Giampiero Frasca, Docente Critico Cinematografico)Forse sono annegato da piccolo. O forse ho visto andar giù un mio amico, quando ero piccolo, in una piscina, qui a Torino. Non me lo ricordo proprio. Ogni tanto mia mamma me ne parla (chiunque sia andato giù, comunque, è stato tirato fuori vivo), ma io, quell'episodio della mia infanzia, l'ho cancellato completamente. Vero è che sono smemoratissimo (a parte la debordante memoria visiva, il che spiega perché io preferisca occuparmi di fumetti et similia) e non ricordo un sacco di cose, purtroppo, ma è probabile che qualcosa mi abbia davvero traumatizzato, vista la mia idiosincrasia per l'acqua, che mi ha sempre reso impossibile gustarmi il mondo liquido, come invece può fare la gente normale. Figurarsi immaginare la città in cui vivo (bene), sommersa come fosse una sorta di neo-Atlantide! Inquietante. Angosciante. Insopportabile.
Tuttavia, saperlipopette!, le immagini proposte dall'immaginazione dell'immaginifico Andrea mi hanno subito affascinato. Così reggo l'impatto dell'immaginario dell'artista, accantono un vago senso di disagio, e riesco persino a godermele. Belle. Sconvolgenti, ma belle. Se mi ci immergo (con la fantasia!), mi vedo appeso alla Sagra di San Michele, fuori dall'acqua (dove sarei ben più volentieri arrivato passando dalla via ferrata, si capisce), in attesa di soccorsi... Ehi! C'è nessuno in giro?!... Che razza di scherzo da fare a un montanaro come me, Gatti! (Gianfranco Goria, Docente di letteratura disegnata)Illustrazioni sature e piene, hanno un'atmosfera apocalittica, il diluvio universale, il mondo di oggi sommerso dall'acqua. Ma guardando le tavole di Andrea sembra tutto così tranquillo e silenzioso...
Mi sembra quasi di sentire l'acqua che mi passa tra le dita. Sto nuotando dentro la galleria Subalpina... mi sembra di volare... Passo vicino al cervo della palazzina di Stupinigi, non avrei mai immaginato che potesse essere così grande... Emergo dagli abissi vicino alla Sacra di San Michele, nuoto in superficie passando sotto ai bastioni. È una pinna di squalo quella laggiù? Meglio salire sul tetto. L'acqua sbatte contro il portone di legno, entro da una finestra sopra all'altare. L'acqua è anche all'interno. Quanto è alto il grattacielo di piazza Castello, è totalmente sommerso, così come Palazzo Madama e la Mole Antonelliana. Invece Superga emerge e lo spettacolo che si gode dalla cupola è emozionante. Anche il Faro della Maddalena sembra che voglia continuare a brillare.
Tutto intorno è pace e quiete. La natura ha riconquistato i suoi diritti. (Laura Copelli, Grafica ed illustratrice)Una Una visione apocalittica quella che Gatti ci offre di Torino, che richiama alla mente il cinema catastrofico hollywoodiano, con la differenza che qui il visitatore non esce sconvolto ma rinfrancato.
Merito delle tonalità d’azzurro di alcune tavole che trasmettono serenità e di una cura nel dettaglio dei fondali marini che svelano la passione dell’autore per certi temi. (Lorenzo Corvi Pubblicista)Il lavoro di Andrea Gatti è esemplare di come l’arte visiva possa avvalersi della grafica del computer e delle tecniche digitali con esiti di immagini non meno emozionanti di quelli possibili con le tecniche tradizionali. Sono trittici le opere di Gatti di più forte impatto: Come quelle di 2001!, il film di Stanley Kubrick, immagini di una civiltà post-romantica e post-moderna, la nostra, che ha viaggiato nel tempo nello spazio e nella scienza e che vede più vicini i pericoli di naufragio paventati dal sublime romantico. Monumenti come la Sacra di San Michele o il Castello di Stupinigi sono, in ciascun elemento del trittico, figurati nel disegno dell’antico architetto, così come appaiono oggi e come potrebbero essere domani sommersi dalla catastrofe di un nuovo diluvio o da invasioni da altri mondi. La “rottura del filo dei giorni” dechirichiana, lo smarrimento metafisico tra presente e futuro Gatti li ricrea avvalendosi delle tecnologie del presente, del reale che viviamo e quindi in modo forse ancora più inquietante. (Sergio Turtulici, Critico d'arte)
Hanno scritto di Andrea Gatti
Sergio Turtulici, LorenzoCorvi, Giangranco Goria,
Giampiero Frasca, Erik Balzaretti, Laura CoppèlliMassimiliano Petrone, Lucio Parrillo, Jason Seiler,
Matteo Bittanti, Mara Aghem, Sabatino Cerosimo,
Luisa Albert, Cinzia Di Felice,
Maria Grazia Casagrande
Per
informazioni digita info @ torinoart.it senza
spazi
(misura anti-spam)