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Sandro Lobalzo

       
        Ombre e penombre .- Il silenzio emana dagli acrilici di Lobalzo, quinte di teatro o forse teatrini essi stessi, montati da qualcuno che predilige la precarietà rispetto alla stabilità: infatti sono piani provvisori, appoggiati su scatole, retti talvolta su un piede o una sporgenza del muro, o qualcosa che si perde nell'ombra.
        La luce, infatti, illumina prevalentemente spazi vuoti; gli oggetti protagonisti della scena (torniamo alla metafora del teatrino) entrano appena nell'occhio di bue, quel tanto che basta ad evocarli, e sembrano cercare riparo nell'oscurità, fuggire verso il buio, e in questo loro tentativo si trovano sempre fuori dal baricentro del piano d'appoggio, ma sono nature morte, quindi costrette ad una immobilità che pare farle soffrire: piante sfatte, frutti vizzi, foglie secche.

        Se compare una testa scolpita, la vediamo voltata verso l'ombra.

        E' come se questi oggetti, che sono i protagonisti dei teatrini di Sandro, non avessero più nulla da dire e nella loro muta infelicità cercassero di fuggire la confusione dell'infernale concerto della vita rifugiandosi nella semplice penombra.
       Siamo di fronte ad una pittura che capovolge la funzione della luce, perché la luce qui non dà vita al colore, ma lo assorbe, sfiora gli oggetti quel tanto che basta ad evocarli, a dar loro una esistenza appena marginale, da fantasma che, appena apparso, tenta di sparire.

        Espressione forse di un atteggiamento particolare di fronte alla vita, l'atteggiamento di chi cerca di addentarla, di chi sussurra invece di recitare, monologa invece di dialogare: e di questo monologo allo spettatore giunge solo qualche parola, residuo di un discorso che appartiene già al passato, e in cui quello che si voleva dire è già stato detto.
        Lobalzo non camminerà mai distratto sulla corda tesa delle mode, ma seguirà soltanto gli ineludibili richiami di una virginale volontà di essere se stesso. Ecco quindi riapparire le inutili e dimenticate cose ringiovanite dai suoi segni e dai suoi colori.

      
Ne nasce un senso di malinconia, elegante e raffinata, con gli oggetti seminascosti nell'ombra, avvolti nel silenzio della loro natura di fantasmi. (Laura Mancinelli)

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