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Daniela Baldo

        

       Rispetto al realismo ottocentesco, vissuto come sicuro strumento di appropriazione della realtà, la ricerca visiva del nostro secolo ha privilegiato la logica e gli strumenti dell'interpretazione. L'arte contemporanea, consapevole della fine di quel mito -ingenuo, incantato, e talvolta ancora a lungo romanticamente perseguito - ha accolto come unica soluzione percorribile quella rielaborazione della realtà, che colta attraverso l'esercizio percettivo, necessita da parte nostra di una continua riproposizione, in eterno rifacimento, legata com'è alle innumerevoli variabili implicite nelle modalità e costrette dalle stesse condizioni del nostro approccio.

        La pluralità delle ipotesi percorribili - evidenziata ben presto dal succedersi e dall'accavallarsi delle avanguardie fin dall'inizio del secolo o poco prima - ci ha consentito, intorno alla metà del '900, l'introduzione del concetto di 'avanguardie storiche', che si è rivelato utile sia per distinguere le prime dalle sperimentazioni successive, sia per tentare di riordinare le une e le altre in categorie critiche più facilmente riconducibili alla metodologia storica.

        Il lavoro critico-storico ci autorizza oggi, quasi allo scadere del secolo, ad accertare e riconoscere come quella pluralità di vie intraprese dalla ricerca visiva si sia andata assestando intorno a fasi contrassegnate da una più o meno intensa urgenza nella riproposizione del problema interpretativo della realtà. Ma una cosa pare oggi scontata: anche i momenti contraddistinti dal rifiuto programmatico delle realtà, vissuti all'insegna della più esasperata soggettività ed introiezione, in fondo, possono essere considerati come situazioni di più acuta criticità, ma, alla fine appaiono comunque riconducibili all'interno del comune orizzonte di valori e di ricerca.

        La riemersione periodica in termini forti della questione - sotto le specie diverse della figuratività, del confronto imperativo con 'la natura', con la forma umana e con il 'paesaggio' - si indirizza, nella sua essenzialità, alla ricerca delle regole su cui fondare ed organizzare la visione. Il conseguente lavoro di riordino delle suggestioni di per sé caotiche, accumulate nella successione incondizionata dei comuni atti percettivi, sembra storicamente riconducibile all'interno di due opzioni. Alla prima appartengono i sostenitori della soluzione 'bidimensionale' che, memori della lezione 'purovisibilista' orientano gli estremi del loro 'fare' entro i parametri culturali offerti dall'alternativa tra finzione decorativa e impressioni 'pure'. 
 

        Nella seconda si riconoscono i fautori dell'ipotesi 'forte', che sospinge i margini della credibilità dell'artificio pittorico fino alle soglie della ricostruzione del caos percettivo, affidandola ad un rigoroso intervento ordinativo, che si avvale di procedimenti analitici applicati ai valori spaziali, ricondotti a volumi elementari e tradotto in equilibrata valutazione delle masse. A questa tendenza interpretativa , all'opposto, non sfuggono gli esegeti dell'illusionismo spaziale, che operano sulla soglia del realismo mimetico ottocentesco, veleggiando tra i misteri ingannevoli del trompe-l'oeil.

        All'interno di queste complesse procedure, che ho voluto rendere sinteticamente, penso si collochi il significato più profondo della ricerca di Daniela Baldo. Nei suoi paesaggi Daniela si muove con sicurezza affidandosi agli strumenti che ho inteso riassumere nella seconda via, quella 'analitica', senza però cedere  alle insidie delle più  facili  suggestioni 'mimetiche'. Una volta scartate le procedure o, meglio, i facili dogmi e le sirene dell' imitazione dilettantesca, il suo lavoro si concentra a partire da istintive suggestioni paesaggistiche sull'identificazione del volumi elementari in cui si articola l'atto percettivo.


        L'impostazione di ciascun dipinto procede per masse essenziali, rafforzate da robusti segni di contorno, privi di compiacimenti descrittivi, ma essenziali alla definizione delle forme nello spazio relativo. La composizione si avvale, a questo punto e, per così dire, in 'dirittura d'arrivo', di risorse complementari, attinte, questa volta, da una accurata selezione degli strumenti messi a disposizione dal lungo lavoro di ricerca che, per semplicità, ho attribuito al contesto della prima via. Da essa Daniela Baldo, ricava l'insegnamento altrettanto essenziale degli accostamenti dei colori 'puri', densamente evocativi, grazie ai quali la 'via analitica', più calcolatrice e certo più fredda, recupera nella direzione della soggettività e della comunicatività affettiva, restituendo al lavoro, nel suo momento conclusivo, la necessaria sintesi 'poetica' fatta di intensità partecipativa ed equilibrio compositivo. (Paolo Nesta, marzo 1998) 

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