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Giovanni Borgarello

        

Monumento alla Resistenza di Pigna e Castelvittorio - Nei monumenti a Pigna e a Castelvittorio lo scultore Giovanni Borgarello di Cambiano (Torino), ha tradotto in forme reali l'orgoglio della gente ed il suo attaccamento alla terra. Innanzitutto deve essere ricordato che il giovane scultore ha compiuto vari sopralluoghi sul posto per la scelta concorde dello spazio sul quale erigere i monumenti, ma anche perché non può aver senso una costruzione che non si inserisca nel paesaggio, che non si valga della scena naturale che le viene offerta sia dagli storici abitati, sia dall'anfiteatro orografico, sia dai monti che s'innalzano verso Nord, verso il vicino Piemonte.
 
       Il monumento che viene collocato all'ingresso di Pigna risponde ad un concetto essenziale: accogliere sia la visione integrale dell'abitato che si arrampica su su verso il Duomo da una parte, sia verso il verde dall'altra, attraverso un'apertura nella quale sono intagliati i confini del territorio, corrispondente a quelli della Repubblica di Pigna; un concetto originale, dunque, che traduce visivamente l'idea della terra madre, che è strettamente congiunta e che viene esaltata insieme alla gente eroica alla quale offre tetto e sostentamento.

       Il progetto ora tradotto in realtà allinea una lastra di pietra (diorite di Brosso Canavese) centrale posata su di un acciottolato a monticelli, con il paesaggio che entra nel monumento attraverso l'apertura configurante il territorio, e due monoliti disposti asimmetricamente rispetto al corpo primario, l'uno con la riproduzione di bronzo dello stesso storico verbale il cui primo capoverso recita "l'anno 1944, addì 18 settembre...", l'altro con incisi, a caratteri cubitali, i nomi di Pigna e di Buggio, il sobborgo del comune eroico che, a ragione, non vuoi essere dimenticato. Dobbiamo osservare che lo scultore, oltre a possede¬re, nonostante la giovane età, un suo stile ben definito, che si concreta nella verticalità delle sue costruzioni, sim¬boleggianti la volontà di ascendere e quindi un implicito fondamento morale, è al tempo stesso un esperto di minerali: infatti ha scelto la diorite, una pietra molto compatta, senza venature, simile al granito, di color grigio chiaro, durissima, resistentissima, si potrebbe dire eterna, pronti a scattare all'attacco del nemico, come tigri accovacciate in attesa del grande balzo. come ci auguriamo sia la memoria della Resistenza.Il blocco centrale è bocciardato, ruvido, con un triangolo, in basso a destra, lucido, che potrebbe rappresentare il mare non lontano o anche essere letto sotto un profilo estetico, come il contrasto tra la rugosità e la lucentezza, oppure ancora simbolicamente: le fatiche, gli ostacoli, i sacrifici, ai quali han fatto seguito i sentimenti di gioia penetrati, con la libertà, nei nostri cuori. Questi tre aspetti possono essere letti contemporaneamente, in sintesi. Anche la pavimentazione, costituita da blocchetti dello stesso materiale disposti in monticelli, a rappresentare i monti sui quali si è combattuto, conferisce una certa dinamicità alla scena, che è integrata da un grande ciuffo verde il quale si collega con la vegeta¬zione della Valle del Nervia e dei monti sovrastanti. II monumento, posto sul piazzale di Castelvittorio dopo un'approfondita indagine in loco, si colloca nel magnifico scenario del colle ad anfiteatro che sovrasta il paese, mentre, verso il basso, l'occhio cade sul verde della valle.


I castelvittoriesi hanno voluto un'iscrizione semplice:


« CASTELVITTORIO PARTIGIANA
A RICORDO
DEL SUO SACRIFICIO PER LA LIBERTÀ’ »


      
Il monumento, su tre blocchi, di cui i due laterali leg¬germente convergenti, quasi a ripetere la linea dell'anfiteatro retrostante, rappresenta contadini e partigiani in armi, pronti a vender cara la pelle, memori che la miglior difesa è l'offesa. In parte le figure, stilizzate, sono intagliate nella pietra (serizzo di Crodo), con una soluzione analoga a quella scelta per Pigna, in parte incise in bassorilievo, a cavallo dei blocchi di sinistra e centrale. Sulla lastra di destra sono raffigurate ad intaglio (e allorchè il sole è basso, al tramonto, si rivivono quei terribili momenti) le fiamme che in più di una occasione avvolsero le case di Castelvittorio, Quelle fiamme, quel fuoco, quel segno di barbarie e di crudeltà, simboleggiano l'olocausto dei borghigiani di Castelvittorio, oggi sono le fiamme che esaltano là loro virtù, i loro sacrifici, la loro gloria. E le fiamme si stagliano nel verde, si propagano nel verde, si propagano alle foglie, ai rami, agli alberi, al bosco, al monte, in un abbrac¬cio che non è soltanto simbolico perché qui, come a Pigna, l'uomo è legato alla terra e la terra all'uomo. Il basamento antistante le tre lastre è costituito da piastrelle di ghiaia proveniente dal torrente, a corroborare il profondo concetto dello stretto legame fra la terra e l'uo¬mo, naturalmente non nel significato antico di servo, di shiavo, ma come libera scelta dell'individuo stesso. Su questo terreno ghiaioso è posto un masso delineante tre figure schematizzate, in dimensioni pressoché naturali, costituito da blocchi squadrati i cui spigoli sono stati arrotondati. Le figure rappresentano, naturalmente, partigiani in agguato pronti a scattare all'attacco del nemico, come tigri accovacciate in attesa del grande balzo. Concezione estetica, dinamicità, simboli della lotta partigiana e dell’attaccamento alla terra, dei profumi valori morali insiti nella guerra di liberazione, sono sono sintetizzati senza retorica ma con grandi vigore nei due monumenti fratelli, come come fratelli sono i borghigiani di Castelvittorio e di Pigna. (Aldo Spinardi, Torino 12 settembre 1985)  

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